mercoledì 30 luglio 2014

Absinthe

La zolletta di zucchero si scioglie ricadendo nell'assenzio, quel verde brillante si schiarisce appena diventando più torbido nel giro di un battito di ciglia. Avevo voglia di bere nonostante abbia promesso ad Andres, giorni fa, che avrei evitato di farlo per un po. Sono entrata in una spirale discendente, lui vede una speranza che io non riesco a trovare, ma credo di stare migliorando, ho dormito questa notte, senza sonniferi, senza pianti, senza incubi.

Non ti comprerei, ti inviterei a cena.

Ho dimenticato quali braccia mi hanno stretta in quel letto troppo grande per me, forse erano di donna, di Head, ma i suoi capelli non erano rossi come il fuoco, erano castani forse, ricci mi sembra. Inquadrando quel volto però, non vi ho trovato una donna, ho creduto fosse quello del mio Comandante, del mio Raggio di Sole, ma erano occhi più chiari quelli che mi fissavano, i capelli forse non erano davvero scuri, non erano davvero castani...

Ti hanno mai detto che non si beve in solitudine Piccolo Fiore?

Quel soprannome, quella voce... sulle mie labbra si dipinge un sorriso sarcastico che non posso fare a meno di mostrare seppure lui sia alle mie spalle, seppure lui non possa vederlo.

Aspettavo te. Sei sempre stato bravo a farti aspettare.

Eppure tu sei ancora qui.

Quando mi volto finalmente un paio di occhi a mandorla che tradiscono una provenienza orientale ma di un verde smeraldo mi fissano, le labbra sottili sono una fessura cattiva dalla quale si intravedono dei denti candidi. La sua pelle, un tempo come la mia, adesso è abbronzata, scottata dal sole e dal lavoro, i capelli sempre neri come la notte traditi solo da un sottile filo argenteo.
Will è a un passo da me, è tornato e con lui è tornata la sua rabbia, il suo odio verso ciò che rappresento, il suo amore asfissiante. Non ho bisogno di analizzare le sue emozioni, sono le stesse che albergano nella mia mente.

Sei andata via da me.

Francamente Will, del nostro ultimo incontro ricordo solo un rapimento e dei lividi.

Io ricordo un letto vuoto e la tua assenza.

Nelle mie mani un bicchiere di assenzio, in quelle di Will un pugnale, riconosco l'impugnatura, una pantera dagli occhi di smeraldo che brillano nel buio, un mio regalo di quando due corpi erano una sola mente, ma a giudicare dalla sua presenza forse lo sono ancora.

Sei venuto qui per riempire di nuovo quel letto o renderlo orfano della propria padrona per sempre?

La mia voce risulta più cinica di quanto vorrei, non ho paura, Will sa sempre cosa voglio, lo sa anche adesso e il pugnale è l'ennesima dimostrazione che non abbiamo bisogno di parole.
La velocità con la quale mi si avvicina mi lascia senza fiato, azzera le distanze permeando il suo corpo al mio. La sua mano libera prende il mio mento costringendomi ad alzare il volto verso di lui.

Mi sei mancata Piccolo Fiore, mi sei mancata da morire... e mi mancherai sempre. Ma non posso fare altrimenti.

Solo ora mi rendo conto che Will sta piangendo, che le lacrime rigano il volto del mio amato aguzzino. Le sue labbra sulle mie sanno di sale, di tristezza, di promesse, di amore, di passione, di dolore... lo stesso dolore che provo nel momento in cui il pugnale entra nel mio ventre senza che io abbia il tempo per accorgermene.

Posso fare una cosa probabilmente sbagliata?

Mi sveglio di soprassalto, cerco nel buio della notte una traccia, qualsiasi traccia di Will, ma lui non c'è. 
No, non erano braccia di donna, non erano braccia forti quelle che mi stringevano questa notte eppure nonostante non lo fossero mi hanno protetta da me stessa e dai miei incubi.



giovedì 17 luglio 2014

Bang Bang

Come si è sentito tuo padre quando gli hai puntato una pistola contro?

Non lo so Will.

Non lo sapevo... adesso credo di poterti dare una risposta. Era sorpreso, arrabbiato, spaventato, sconvolto, probabilmente avrà detto addio ai suoi demoni, avrà perdonato il male che gli ho fatto, avrà sperato di trovare il paradiso dove mia madre lo attendeva...ma non credo ci sia un paradiso per quelli come noi, sai Will? Noi siamo cattivi, fondamentalmente cattivi... quello che meritiamo non è quello che abbiamo perchè noi abbiamo sempre di più, molto di più: mio padre aveva soldi, tu hai la tua ciurma, io ho la fama.
Le persone buone cosa hanno? Ci ho pensato a lungo Will... le persone buone hanno la felicità.

Nemmeno Yahn ha mantenuto la sua promessa. Anche lui è andato via.
La sua espressione era sorpresa, spaventata quando la rivoltella si è poggiata contro il suo petto, non si aspettava una reazione simile alla sua tristezza, non si aspettava che puntassi quella pistola proprio dritta al suo cuore senza un minimo di pietà, non si aspettava che quella pronta a farla finita fossi io.

Ho una soluzione al tuo dolore, o meglio...ne ho tre, e sono le stesse possibilità che ho io.

Che soluzioni?

Puoi correre da lei e supplicarla di perdonarti, puoi tornare il bastardo che ho conosciuto o puoi farla finita.

Qualche attimo di titubanza, per un momento ho la certezza di essere sul punto di sparare, ho la certezza di fermare il cuore di Yahn senza dargli il tempo di dire una parola, ma poi mi sorprende.

Scelgo la seconda.

Dolcemente, come con una carezza, scosta la canna fredda che preme contro di lui per girare la mia mano, adesso è contro la mia pelle che si poggia, contro il mio cuore. Yahn tiene la mia mano ferma, le mie dita contro la rivoltella che minaccia di uccidermi per il mio stesso desiderio.

Stessa domanda Daphne. Cosa farai tu?

Ed è stato qui che ho pensato a papà, Will, a ciò che ha provato quando sua figlia era sul punto di porre fine alla sua vita, quella stessa figlia che adesso è indecisa tra vivere o morire. Yahn sembrerebbe serio, i suoi occhi trasmettono però un attimo di inquietudine, sa che il mio dito indugia troppo su quel grilletto.
Nella mia mente ripenso al conto alla rovescia che feci per mio padre: 3...2...1


My baby shot me down.



domenica 6 luglio 2014

Lethargy

Stai tranquilla Didi... con queste pillole passerà tutto e riuscirai a riposare un po... prendine una e stenditi, hai bisogno di dormire.

Quando Eddie mi ha trovata sul pavimento del suo covo credevo di essere sul punto di morire, vedevo solo il sangue che macchiava qualsiasi cosa ma non riuscivo a capire cosa stesse succedendo. Eddie invece l'aveva già compreso. è strano come a volte si pensi di non riuscire a sopravvivere a qualcosa di troppo grande per potervisi opporre, l'ho pensato anche io, eppure sono viva, Leyla no.
Ho passato giorni rinchiusa in uno stato di totale apatia, nell'ovattato dormiveglia dato dai medicinali, c'è stato un momento in cui ho sperato di non svegliarmi, un altro in cui ho creduto di rivedere Rowan, e Yahn, e Lars... e papà, ancora con i suoi occhi porcini sconvolti dal vino e dalla paura, quella paura di chi sa di essere sul punto di morire per mano della propria bambina.

Te lo sei meritato Daphne, sei una delusione.

Per una volta papà hai ragione.

Quando mi risveglio riesco a mettermi seduta, la testa mi fa malissimo ma il dolore al ventre si è placato, credo che Eddie mi abbia dato qualcosa di forte per farmi stare bene ma il problema è quello che c'è nella mia mente e nel mio cuore. Non ho la forza di stare in piedi, un'altra pillola e di nuovo il buio.
Avverto una mano che stringe la mia e nell'oscurità la voce di Will si fa strada nella mia mente, lo rivedo come quando entrambi avevamo diciotto anni, bellissimo con i suoi capelli scuri e la faccia da schiaffi, quegli occhi per i quali avrei ucciso per potermici perdere un solo istante.

Dai piccolo fiore, vieni con me... perchè vuoi restare qui? Io posso salvarti.

Will mi tende l'altra mano ed io l'afferro, perchè non dovrei farlo? Lui potrebbe portarmi via da qui, dal mio mondo, dal mio inferno.
Ma nel momento in cui lo tocco si dissolve tra le mie dita per lasciare spazio ad un pianto spaventato di un bambino, e proprio in quel momento mi sveglio.
I sonniferi sono spariti e con essi la dose per il dolore si è dimezzata, dei cioccolatini sono poggiati sul comodino ma non li tocco. 
Mi alzo lentamente e scopro che le mie gambe riescono ancora a reggermi, sembra assurdo ma non ne ero certa. Muovo qualche passo debole per uscire da quella camera, mi guardo intorno, non c'è più traccia dello scempio che ho lasciato giorni prima, il mio sguardo incrocia uno specchio, osservo la sagoma dalla pelle diafana e dagli occhi cerchiati che mi osserva dall'altro lato, allungo una mano per toccarla quando una voce mi distrae.

Buongiorno Didi, finalmente ti sei svegliata.

Osservo Eddie con lo sguardo di una belva ferita che ha paura anche solo di essere avvicinata. Lui lo capisce, alza le mani in segno di resa, "non voglio farti male" mi dice il suo corpo e solo quando risalgo con gli occhi sul suo volto me ne rendo conto. Come Will nel mio sogno, anche lui mi porge la mano con attenzione infinita come se potessi mordere, fuggire o sgretolarmi davanti a lui e io l'afferro nemmeno fosse la mia ancora di salvezza.

Didi starai bene, devi essere più forte di quanto non lo sia mai stata.

Me lo promette come se ne fosse certo e mi aggrappo a quelle parole assurdamente rassicuranti.
Non c'è nulla da salvare.
La giornata passa in silenzio, Eddie prova a farmi mangiare qualcosa senza riuscirci davvero, ho ancora lo stomaco a pezzi, giochiamo a scacchi, facciamo due chiacchiere, non riesco a sopportare il suo sguardo, la delusione cocente che devo essere, e quando diventa troppo difficile torno a dormire, sogni popolati da incubi e fantasmi che ormai fanno parte di un passato che non posso cambiare.
Non so quanti giorni siano passati, quanto tempo sia trascorso da quando sono andata in letargo, ma una mattina riesco ad alzarmi dal letto, le medicine sono diminuite notevolmente e Eddie non è poi così pallido come me lo ricordavo, forse le mie condizioni sono migliori rispetto a tempo fa.
Non vi sono più oggetti appuntiti in casa, nessun coltello, nessuna forbice.

Ma tu sei felice Daphne?

Sono davanti allo specchio quando quella domanda fatta da Eddie mesi fa mi viene in mente, la cipria da un colore al mio volto, il rossetto scurisce le mie labbra, la linea attorno agli occhi li rende più profondi e tra le mie mani un nastro con cui chiudo la coda che ho fatto, sono tornata Yiji Kim.

Sono felice?

Ripeto tra me e me cercando una risposta che non arriva, sembrerebbe una vuota domanda che non ha un vero significato.

Sono una Yiji.