venerdì 15 agosto 2014

Look at me

Guardami, guarda solo me!

Pasha mi osserva come se fossi un cavallo da corsa sul quale scommettere, una coscia di pollo da spolpare davanti ad un affamato. Immagino abbia guardato le sue schiave esattamente come guarda adesso me. Ognuna delle sue ragazze ha una storia da raccontare, parole che riassumono vite basate su cattiveria, abusi, rabbia, odio, lussuria, vite differenti eppure terminate nello stesso modo.
Gli occhi porcini di quel Buddha dorato indugiano su ogni centimetro della mia pelle senza pudore, senze pietà.

è davvero pura?

Si, e deve rimanere tale.

Quasi vedo la sua mente fare calcoli matematici e riesco a immaginare ogni suo pensiero: una donna simile, vergine, gli frutterebbe una montagna di soldi, un diamante grezzo da modellare come meglio crede, una rosa a cui levare le spine per poi lasciarla appassire con ogni tipo di tortura immaginabile. Se solo riuscisse a domarla...

Daphne guarda me... ci siamo solo noi due qui...

La voce di Yahn mi risuona nella testa mentre Andres parla, mentre contratta sul mio corpo e la mia mente come se non mi appartenessero davvero.  Ma Indaco è una schiava e le schiave non hanno proprietà, le schiave non hanno diritti nemmeno su loro stesse.
Le parole che pronuncia scivolano via sulla mia pelle, piccole lacrime formate da lettere che non riconosco,  quasi non le sentissi; guardo Pasha e mi sorprendo nel rendermi conto che non è lui che sto osservando, non è nel suo palazzo che mi trovo, non qui, nel suo harem proibito dove tutto è lecito e quasi come sono comparsi davanti a me, gli ori e gli arazzi svaniscono e tutto diviene grottescamente ridicolo.

Battetela se dovete ma vorrei che non venisse corrotta moralmente. O fisicamente.

Ogni parola pronunciata da Andres macchiata dalla sua cadenza di Agatha trapassa il mio corpo da parte a parte, avvolta da aghi invisibili che fanno male da levare il respiro. Riescono a strapparmi dalla mente la richiesta disperata di Yahn "Guardami". Ho paura di incrociare i suoi occhi, ho paura che mi stia dicendo addio rinchiudendomi in un harem.
Andres, Andres che conta le pillole, Andres che suona distrattamente una chitarra scordata, Andres che mi chiede di ballare, Andres che mi considera volgare, Andres che mi sta vendendo...Andres che non mi venderà, non lo farà seppure la mia mente continui a dirmi di non fidarmi, di scappare, di non cedere e non credere ancora una volta a chi fa promesse.

Una donna barbuta mi porta via allontanandomi da lui, attraverso sale d'oro e volti di mostri strappati a un' esistenza sicuramente meno miserabile di questa. La matrona mi rende più desiderabile di quanto non sia mai stata e poi, dopo avermi avvolta in un sudario fatto di profumo e desiderio, cominciano gli ordini...
Pasha mi guarda danzare poi mi fa stendere su di un tavolo, il suo cibo viene messo su di me così che lui e i suoi ospiti possano mangiare toccando ogni centimetro del mio corpo. Ma non sono nata per essere comandata, non sono nata per essere una schiava e subire, devo costringermi a ricordarlo ad ogni errore, ad ogni vergata di bambù, ad ogni bagno gelido o bollente che sia. Io qui sono solo carne.
Al termine della notte quando finalmente riesco a stendermi per raccogliere i cocci della mia anima umiliata ho la certezza che Pasha morirà come morirà Loffat: Adesso, domani, tra un mese, un anno o due... non importa quando ma morirà.

Daphne guardami... finirà presto... fidati di me.

La promessa di Yahn viene sigillata con un bacio dolce ma macchiato da un retrogusto amaro. Abbiamo vinto ma a che prezzo?
Faccio come mi viene chiesto, lo guardo, guardo solo lui per una notte intera, il suo corpo fa da scudo al mio, il suo volto mi nasconde mentre gli occhi porcini di Pasha si tramutano in quelli di Loffat, le sete e l'oro di Duankou diventano arazzi sbiaditi e pieni di polvere di una villa su Bullfinch, l'unica ancora sfacciatamente ricca al centro di un pianeta distrutto dalla guerra.
Abbiamo salvato un pianeta ma abbiamo perso noi stessi... sto salvando delle schiave e continuo ad allontanarmi sempre di più dal mio stesso riflesso.

Perchè l'hai fatto Yahn?

Perché se c'è una crisi tu non ti blocchi, tu vai avanti, e fai andare avanti anche tutti noi. Perché hai visto di peggio, al peggio sei sopravvissuta e sai che anche noi sopravviveremo. Dici di essere cupa e torbida ma non è un difetto, è una forza. Una forza che fa di te quello che sei. Sopravviverai anche adesso e vincerai.

Sopravviverò ma a che prezzo?
Quale sarà la mia pena? Rivedo la delusione di Jordan e la sua rabbia mentre la sua anima veniva venduta su di un pezzo di carta come se non valesse nulla. Il dolore è il suo destino, il peso schiacciante di non essere abbastanza quando per qualcuno lei è molto di più ma è troppo occupata a pensare a chi impone ordini per dare importanza a chi non ne da. 
Rivedo Sharon e la sua furia, i suoi calci contro il divanetto e la sua richiesta di un perdono che io non so dare, vorrei, ma non so nemmeno da dove si comincia a dimenticare. Droga, assenzio, potere, amore... un cocktail mortale se messo nelle mani della persona sbagliata.
Lars, che cerca la fiducia di chi lo porterà solo alla distruzione, Yahn che ha stravolto se stesso pur di non uccidere qualcun altro, Andres e le sue lacrime, lacrime di chi ha amato e ha perduto ma che continua a sperare ed Eddie che non vede ciò che dovrebbe e che accetta passivamente un dolore non suo.
Jordan, Sharon, Lars, Yahn, Andres, Eddie... ognuno di loro ha vinto la propria battaglia con il destino ma ha perso se stesso.
Quante volte ci si può spezzare prima di non riuscire più a rimettere insieme i cocci?