Sopravviverai.
Sinceramente Abe in questo momento non so nemmeno chi sono.
Sei Daphne Kim, l'unica amica che ho.
La Vodka parla per me, una Yiji non risponderebbe mai in questo modo e alla fine l'unico barlume di razionalità rimastomi risponde per me.
Magari potevi ricordartelo prima, no?
Spengo il c-pad, questa notte non voglio sentire nessuno. Raggiungo il letto, la bottiglia ormai vuota è rovesciata per terra come le mie scarpe, i miei vestiti e tutti i vasi che ho incontrato strada facendo. I cocci rassomigliano ai frammenti del mio cuore e della mia mente, distrutti sul pavimento della clinica Bedlam in cui ho lasciato l'anima solo qualche ora fa.
Forse ti piaceva restare qui quando ti ci portavano, forse eri davvero pazza.
Queste parole rimbalzano nella mia mente e nuovamente ho voglia di distruggere qualcosa, ma i vasi sono finiti, la Vodka è terminata e io ho sonno. La stanza gira attorno a me e continua a girare anche quando chiudo gli occhi.
Li riapro e sono in piedi su di una lastra di ghiaccio e il volto di Dragan Momic mi oltrepassa mentre il suo mauler massacra senza pietà 22 corpi, io sono tra quelli. I colpi trapassano il mio ventre, il mio petto, il mio volto e il ghiaccio si rompe sotto di me, l'acqua mi avvolge ma una mano mi afferra prima che sia troppo tardi, mi tira e Sum troneggia su di me con il suo sguardo vitreo e il volto livido.
Sei già morta Daphne Kim.
La sua voce impastata dal vino martella nella mia mente e un sorriso malefico si affaccia sulle sue labbra morte. Ho il tempo di vedere solo questo prima che le tenebre l'avvolgano sostituendo quel cadavere con un altro morto, con un altro mostro, con un altro ricordo... nelle mani del dottore vedo tre pillole, due rosa e una blu.
Prendile bambina starai meglio.
Ed io le prendo, le ingoio tra le lacrime lasciandole scendere nella mia gola, tutto attorno a me diviene sfocato, pochi istanti e poi più nulla: le pillole hanno fatto il loro effetto. Fino a che davanti a me non compare una bambina dagli occhi verdi e dai capelli neri, mi fissa con attenzione con lo sguardo perso nel vuoto. Allungo la mia mano verso lei che segue il mio movimento facendo lo stesso ma non arrivo a toccarla, qualcosa ci separa, una lastra di vetro sottile mi impedisce di afferrarla. Una porta dietro di lei si apre ed io riconosco la figura che fa capolino al suo interno.
Papà...
Il volto della bambina diventa una maschera di terrore, ma mi accorgo che non si è voltata, non l'ha visto, lei è me, lei è il mio riflesso o meglio, io sono il suo.
No, non lo fare! Non lo fare papà! Lasciala! Va via! Lasciala!
Batto i pugni contro quello specchio, le lacrime che bagnano il mio viso sono sale e sangue e odio e rabbia e frustrazione e dolore. Il vetro si crepa sotto i miei colpi fino a che non esplode in mille pezzi che ricadono attorno a me tramutandosi in pozzanghere di sangue rosso e scuro, oltrepasso quei cocci e non c'è più nulla, ci sono solo io a 7 anni, accovacciata per terra che stringo le mie gambe e singhiozzo.
Lentamente prendo quella bambina tra le braccia e la cullo dolcemente accarezzandole i capelli come farebbe una mamma con la sua bambina. Vorrei dirle tante cose, vorrei dirle che diventerà una donna potente, che crescerà forte come una roccia e che riuscirà a non fermarsi davanti a nulla, ma non posso farlo, non diventerebbe quella che è ora.
Sopravviverai.
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